Così l’Inps smentisce l’ex presidente Tridico sul salario minimo

L’europarlamentare del M5s, quando era presidente dell’Istituto, si era inventato una “formula” per giustificare la soglia di 9 euro l’ora proposta del suo partito. Il nuovo Rapporto annuale dell’Inps svela perché quei dati erano manipolati politicamente

Il Rapporto annuale dell’Inps è sempre una miniera di dati e informazioni. Ma bisogna fare attenzione ai dettagli e a come la loro presentazione evolve nel tempo. Quest’anno, ad esempio, nelle oltre 400 pagine di relazione, c’è un approfondimento sulle retribuzioni che mette totalmente in discussione la propaganda a favore del salario minimo fatta dall’ex presidente dell’Inps. Pasquale Tridico, messo all’Inps dal M5s e ora europarlamentare del M5s, quando era al vertice dell’Istituto sosteneva che l’Italia avesse necessariamente bisogno di un salario minimo e che dovesse essere di 9 euro orari: la soglia indicata dal M5s.

Si trattava, allora a maggior ragione di ora, di un livello elevatissimo, pari a quasi l’80% del salario mediano, cosa che avrebbe fatto del salario minimo italiano il più elevato al mondo rispetto al livello delle retribuzioni. Naturalmente, Tridico non poteva affermare pubblicamente che il salario minimo doveva essere fissato a 9 euro l’ora perché così aveva deciso il partito che lo aveva nominato al vertice dell’Inps. E allora disse che il risultato era scientifico, perché lui è un economista. Tridico pertanto si inventò una formula per calcolare la soglia del salario minimo che aveva due caratteristiche particolari: la prima è che non esiste in nessuna aula universitaria di nessun paese al mondo, la seconda è che come risultato dà 9 euro. Guarda caso, quanto aveva già stabilito il Partito.

Qual era questa formula? La direttiva europea sul salario minimo indica come criteri per individuare il livello giusto il 50% del salario medio o il 60% del salario mediano: “In Italia – disse – queste due cifre, secondo i dati dell’Inps riferiti al settore privato, corrispondono rispettivamente a 10,60 euro e 7,65 euro. Il punto medio tra questi due valori è dunque 9,12 euro l’ora”. L’intuizione geniale è quindi questa: fare la media dei due parametri. Una cosa che non ha alcun senso, a meno che appunto il senso non sia ottenere come risultato 9 euro.

Ma oltre alla formula ciò che impressionava erano i dati. Non tanto il valore del salario mediano orario, che all’epoca si aggirava tra gli 11 e i 12 euro, quindi il 60% non era poi così distante dai 7,6 euro indicati da Tridico: un dato comunque molto lontano dai 9 euro. Il problema era il valore del salario medio orario: se per Tridico il 50% era 10,6 euro, voleva dire che il salario medio orario di un lavoratore italiano era di 21,2 euro all’ora. Una cifra abnorme, che inserita nella originale “formula di Tridico” consentiva di arrivare ai fatidici 9 euro.

Questo il necessario prologo. Cosa dice sul tema il nuovo rapporto dell’Inps? Pur non affrontando direttamente il tema politicamente sensibile del salario minimo, i ricercatori dell’Istituto hanno fatto un’analisi dell’andamento delle retribuzioni dal 2021 al 2023. Considerando una platea di 14 milioni di lavoratori del settore privato (sono quindi esclusi dipendenti pubblici, ma anche addetti del settore agricolo e domestico), risulta che nel 2023 la retribuzione mediana oraria è pari a 12 euro, mentre la retribuzione media oraria è pari a 14,3 euro. Vuol dire, seguendo i parametri indicati dalla direttiva europea, che la soglia dovrebbe essere o 7,2 euro (60 per cento del dato mediano) o 7,15 euro (50 per cento del dato medio). Pur usando la “formula di Tridico”, ovvero la media tra i due dati, il risultato resterebbe attorno ai 7,2 euro. Quasi 2 euro in meno della soglia politica indicata a suo tempo dal M5s e ora anche dal Pd di Elly Schlein e dal resto delle opposizioni.

L’obiezione, ovviamente, potrebbe essere che non era Tridico a fare propaganda per il suo partito, ma che è Gabriele Fava, attuale presidente dell’Inps, a favorire la tesi del governo Meloni che lo ha nominato. Non è così, per il semplice fatto che i dati dell’ultima relazione dell’Inps sui salari orari coincidono grosso modo (a parte dei dettagli sul considerare o meno la tredicesima) con quelli dell’Ocse e dell’Istat. La realtà è appunto che la gestione Tridico aveva selezionato una platea ristrettissima (lavoratori dipendenti full time, full year, con contratti a tempo indeterminato e includendo tredicesima e quattordicesima) che non era affatto rappresentativa del mercato del lavoro italiano e che non viene considerata in alcun confronto internazionale.

Il rapporto dell’Inps fornisce anche altri dati interessanti sulla distribuzione del salario orario. La soglia del primo decile (il 10% dei lavoratori con salario più basso) è a 8,5 euro l’ora, mentre la soglia del secondo decile è 9,5 euro l’ora. Anche questo parametro riporta ordine rispetto al confronto internazionale: la media Ocse dei lavoratori coperti dal salario minimo è inferiore al 10%, mentre un salario minimo orario a 9 euro (come proposto da tempo dalle opposizioni) arriverebbe a coprire circa il 15% dei lavoratori.

Questo non vuol dire che il salario minimo sia negativo. Può essere utile, come lo è in altri paesi, ma il suo livello andrebbe definito da una commissione tecnica secondo criteri scientifici. Non da politici travestiti da tecnici che usano formule fantasiose e dati manipolati. Perché il rischio, alla fine, è quello di distruggere lavoro anziché aumentare i salari bassi.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali

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