Misiani (Pd): “Meloni presa a ceffoni da Trump. Ora dica sì al Mercosur”

“La premier ha dormito, sperava nella clemenza dell’amico Donald. I dazi sono una mazzata per l’Italia. ora bisogna puntare sul libero scambio, a partire dall’accordo tra Ue e Sud America”. Parla il responsabile Economia di Schlein

Mentre la premier Giorgia Meloni convoca a Palazzo Chigi una riunione per preparare la risposta dell’Italia ai dazi di Donald Trump, l’opposizione manifesta preoccupazione. Antonio Misiani, responsabile Economia del Pd, dice al Foglio che “il Liberation day di Trump si è rivelato purtroppo una giornata nera per l’economia mondiale e per quella italiana. I dazi di Trump sono una mazzata per le imprese e i lavoratori. L’intervento è generalizzato e fortemente penalizzante per i nostri esportatori. Il protezionismo della destra ci farà perdere miliardi di euro e decine di migliaia di posti di lavoro. Il governo italiano ha dormito”.

Chi in Italia immaginava, o si illudeva, di ricevere da Trump un trattamento privilegiato si è dovuto ricredere. I buoni rapporti personali della premier non sono serviti. “Il governo è arrivato impreparato – dice Misiani – senza un piano né una cabina di regia. Si sapeva da mesi che i dazi di Trump sarebbero stati decisi. La Meloni ha fatto finta di nulla. Si è illusa di fare da ponte con Washington per cercare clemenza, ma l’amico Donald l’ha presa a ceffoni”.

Ora che i dazi sono stati introdotti cosa bisogna fare? La linea del governo è che rispondere con controdazi, a prescindere dal giudizio su Trump, può essere controproducente. “Certo, serve intelligenza nella risposta, ma stare fermi non è un’opzione praticabile. Nel breve è necessario limitare i danni, spingendo Trump a negoziare. Guai però ad andare in ordine sparso e con le mani alzate. Dobbiamo parlare con una voce sola, mettendo sul tavolo contromisure convincenti: sul commercio di beni, ma anche sui servizi digitali e finanziari, utilizzando se necessario – dice sorridendo Misiani – anche l’arma da fine del mondo: la burocrazia di Bruxelles”.

Basterebbe a far ricredere Trump? “Non lo sappiamo, per questo bisogna aprire nuovi mercati. Il mondo non finisce con gli Usa. Ci sono aree con grandi potenzialità, dalla Cina all’India, fino all’America latina. È interesse vitale dell’Italia e dell’Europa consolidare e allargare i canali di libero scambio”. Un accordo è stato appena concluso, quello con il Mercosur (i paesi del Sud America), che abbatte il 90% dei dazi. L’Italia è l’ago della bilancia in Europa, ma il governo è contrario. Qual è la linea del Pd? “Siamo consapevoli della necessità di prevedere compensazioni per alcuni settori, come l’agricoltura, e garanzie per i consumatori. Ma il trattato con il Mercosur va ratificato, Meloni deve scegliere da che parte stare. Sono i documenti del governo, a partire da un recente report dell’Ice, a evidenziare i vantaggi dell’accordo con il Mercosur. Dobbiamo andare avanti per difendere il libero scambio dove c’è e allargarlo dove è possibile”.

Nel 2017, da europarlamentare, Elly Schlein votò contro il Ceta, l’accordo di libero scambio Ue-Canada, che in questi anni ha dato ottimi risultati. Su questo tema la segretaria del Pd ha cambiato idea? “Quando si valutano gli accordi di libero scambio prestare grande attenzione verso i diritti dei lavoratori, l’ambiente e la tutela dei consumatori è sacrosanto. Lo scenario però è drammaticamente cambiato e tutti dobbiamo trarne le conseguenze”.

Cos’altro cambia con la svolta protezionista di Trump? “Dobbiamo ripensare il nostro modello di sviluppo, basato da decenni su esportazioni e svalutazione del lavoro come fattore di competitività. Se la globalizzazione è al tramonto, sarà necessario puntare di più sul mercato interno. Innanzitutto quello europeo, abbattendo le barriere che secondo il Fmi equivalgono a dazi impliciti interni del 44% per le merci e del 110% per i servizi. E poi quello nazionale, con scelte coraggiose su salari, redistribuzione dei redditi, investimenti”.

Dite che serve una risposta unitaria in Ue, ma il Pd è disposto a sedersi attorno al tavolo insieme al governo per elaborarne una in Italia? “È in gioco l’interesse nazionale. In altri tempi il presidente del Consiglio avrebbe riunito tutte le forze politiche, opposizione compresa. Saremo noi – conclude Misiani – a chiamare la Meloni in Parlamento per discutere quale posizione è utile che l’Italia assuma insieme agli altri paesi dell’Unione per gestire questa emergenza economica”.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali

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