Il crollo del commercio globale, gli effetti sull’America e la differenza di oggi. Tutto ciò che Trump non vuole considerare
Nel 1988, l’allora presidente Ronald Reagan disse: “Quando il Congresso approvò nel 1930 la legge Smoot-Hawley sui dazi, si diceva che questa misura avrebbe protetto l’America dalla competizione straniera e avrebbe salvato posti di lavoro, che è la stessa cosa che sentiamo oggi. Il risultato effettivo fu la Grande depressione”. Oggi che il passatismo selettivo di Donald Trump ha riportato di moda i dazi come strumento di governo – e di vendetta – globale, le argomentazioni sono ancora le stesse, e a nulla servono gli studi e la storia, anzi, annunciando i dazi nel “Liberation day” – la media dei dazi oggi è del 29 per cento, più alta di quella del 1930 – il presidente americano ha detto che se ci fossero stati i dazi la Grande depressione non ci sarebbe stata.
I dazi c’erano (al 20 per cento) e riguardavano soprattutto i prodotti agricoli, erano stati introdotti da quella legge che portava il nome di due senatori repubblicani e che causò un crollo delle esportazioni americane (da 7 miliardi di dollari nel 1929 a 2,5 nel 1932). I paesi colpiti dai dazi risposero con controdazi ancora più pesanti e, secondo le stime, il commercio globale si ridusse del 65 per cento. Oggi, secondo uno studio della Tax Foundation, i dazi rappresentano un aumento delle tasse del valore di 1,8 trilioni di dollari in dieci anni, con una contrazione del pil dello 0,5 per cento.
Trump non vuole considerare i numeri e la storia, ma forse dovrebbe ascoltare il senatore repubblicano libertario Rand Paul quando ricorda che nel 1890 furono introdotti dazi da McKinley, uno dei presidenti che ispirano Trump perché conquistò territori, e i repubblicani persero il 50 per cento dei loro seggi; nel 1930, dopo la Smoot-Hawley, “abbiamo perso la maggioranza alla Camera e al Senato per sessant’anni”. I dazi sono per Trump e i repubblicani un problema politico. Gli europei invece dovrebbero guardare un altro dato: nel 1930, un terzo del commercio globale dipendeva dall’America, oggi non arriva al 15 per cento. La globalizzazione non è di proprietà dell’America.