“La legge sulla cittadinanza non può attendere”, dice il Pd dopo non averla fatta per tredici anni

Tajani temporeggia, Salvini e Meloni sono contrari. Ma il vero mistero comico sono i dem: nonostante abbiano governato quasi ininterrottamente dal 2011 in poi non se ne sono mai occupati. E adesso pretendono che il governo di centrodestra interrompa l’agenda dei lavori e s’intesti una legge pseudo progressista sulla cittadinanza

Abbiamo un amico che si diletta di studi statistici e ci assicura che durante gli ultimi tre mesi, nell’estate in cui ha anche preso in braccio una bambina nera al Meeting di Rimini, Antonio Tajani ha dedicato in totale 288 ore a parlare di cittadinanza agli immigrati e di ius scholae. E di queste 288 ore, 96 in particolare Tajani le ha passate con la delegazione di Forza Italia o con esponenti del suo partito. Anche ieri pomeriggio, a Montecitorio, per un’ora e 45 minuti di cogitazione risoltasi con questa dichiarazione formale: “Sono emerse delle osservazioni tecniche da presentare agli altri partiti della maggioranza, prima dell’inizio del confronto nelle sedi parlamentari”. Ora noi abbiamo un grande e referente rispetto per la meditazione, ma una qualche impazienza davanti a questi fondisti del pensiero dei diritti ogni tanto ci coglie, anche perché ci domandiamo con raccapriccio che sarebbe di noi se Voltaire o Thomas Jefferson, per dirne due, ci stessero ancora pensando. Sospettiamo che questa legge si farà, con la stessa rapidità della dismissione del motore a benzina. Tra il 2035 e 3075, circa. Secondo l’espressione consegnataci ieri da un importante dirigente di Forza Italia: “Mo vediamo”. Anche perché, come tutti sanno, e come sa meglio di tutti Tajani, Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono contrarissimi.

Ma il mistero più comico di questa faccenda della cittadinanza, che ci fa ritenere sia il dibattito pubblico più fasullo delle ultime settimane, non risiede tanto nella destra che non la vuole fare (né in Tajani che ci riflette con una flemma che Fabio il temporeggiatore al confronto era un nevrastenico). Il mistero comico, dicevamo, è il Pd. Sentite che dicono in una nota: “La riforma sulla cittadinanza non può più attendere”. Non può attendere. Accipicchia. E Laura Boldrini: “L’ultra destra volta le spalle a migliaia di bambine e bambini nati in Italia”. In pratica, essi, cioè quelli che hanno governato quasi ininterrottamente dal 2011 in poi con la sola parentesi del governo gialloverde, quelli che le riforme non le hanno fatte attendere perché non se ne sono mai occupati, pretendono che adesso improvvisamente il governo di centrodestra interrompa l’agenda dei lavori e s’intesti una legge pseudo progressista sulla cittadinanza che il centrosinistra non ha mai voluto fare in tredici anni di maggioranza nei governi Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte II e Draghi. Ieri il nostro amico che si occupa di statistica ha anche telefonato a casa di Laura Boldrini avendo saputo di un suo leggero raffreddore per chiedere notizie. Le ha avute ottime. “E la faccia, com’è la faccia?”. “Bruna, levigata, a tratti marcati: sembra di bronzo”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori “Fummo giovani soltanto allora”, la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.

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