Attacco di Israele nella tana di Hezbollah

L’esercito israeliano colpisce Beirut per eliminare Nasrallah, nascosto dal 2006. Secondo i media arabi il leader del Partito di Dio sta bene, secondo Tsahal deve essere stato almeno ferito dallo scoppio delle bombe. Netanyahu lascia l’Assemblea dell’Onu per tornare a Tel Aviv

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha approvato l’attacco a Beirut contro il quartier generale di Hezbollah nel quartiere Dahiyeh mentre era a New York, dal suo albergo, non distante dal podio su cui si è sentito accusare di voler mettere a ferro e fuoco il medio oriente e da cui ha dichiarato che Israele vuole soltanto la “pace”, parola ripetuta senza sosta.

I caccia di Tsahal hanno sganciato bombe anti bunker nella periferia meridionale di Beirut per colpire il nascondiglio del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che dal 2006 è confinato in vari luoghi segreti per paura di essere eliminato dagli israeliani.

Poche ore prima dell’attacco, Netanyahu si era presentato al Palazzo di vetro con due mappe con cui intendeva mostrare le due strade che si trova davanti il medio oriente: “La benedizione” e “la maledizione”. La benedizione è fatta di scambi e di accordi impensabili fino a qualche anno fa, come quelli di Abramo, il cui massimo sigillo sarebbe un’intesa “molto vicina”, come ha detto il premier, con l’Arabia Saudita – i sauditi però non hanno partecipato al suo discorso. La maledizione è un medio oriente che nella mappa del premier è tinto di nero ed è come lo vuole l’Iran: con un blocco di paesi ostili, disposti in modo da soffocare Israele. Anche il Libano è tinto di nero, e sul Libano sono puntati gli occhi di Israele, degli Stati Uniti, del mondo, per il confronto diretto tra Israele e Hezbollah.

Tsahal ha confermato che l’obiettivo del suo attacco era Nasrallah, che si trovava nel bunker con gli uomini che fino a quel momento erano sfuggiti agli attacchi di Israele. Dal momento del bombardamento, Hezbollah ha fatto sapere che continuerà la sua lotta. Soltanto quando i caccia erano già pronti a colpire, Israele ha avvisato gli Stati Uniti, che nei giorni scorsi avevano promosso un cessate il fuoco di ventuno giorni per trovare un accordo in grado di permettere il ritorno dei cittadini israeliani che da ottobre dello scorso anno hanno lasciato le loro case a nord a causa dei continui raid di Hezbollah. “Abbiamo aspettato quasi un anno”, ha detto Netanyahu per spiegare il motivo delle ultime operazioni in Libano, quando ancora però non sapeva che avrebbe autorizzato le bombe su Beirut, per colpire l’uomo che di questo Hezbollah è il simbolo e che dell’Iran, per Israele, è soltanto l’emanazione. Secondo i media arabi Nasrallah sta bene, secondo Tsahal deve essere stato almeno ferito dallo scoppio delle bombe che hanno centrato il suo nascondiglio e altri palazzi attorno. Netanyahu ha lasciato New York viaggiando durante lo Shabbat, nelle ore concitate delle conferme, delle smentite e delle ricerche tra le macerie di Beirut.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull’Unione europea, scritto su carta e “a voce”. E’ autrice del podcast “Diventare Zelensky”. In libreria con “La cortina di vetro” (Mondadori)

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