Al terzo tentativo, Ridley Scott azzecca la trama del secondo Gladiatore

Qualche anno fa, Massimo Decimo Meridio sarebbe dovuto resuscitare e uccidere Cristo per conto degli dèi: un passo falso da cui il regista britannico si è smarcato, con un cast diverso e una storia del tutto nuova, ma sempre incentrata sull’impero che venti anni fa lo ha fatto trionfare sul grande schermo

“Ho portato i ragazzi a vedere dove lavoro”, dichiarò Russell Crowe accompagnando la numerosa famiglia in visita al Colosseo. Non ci lavora più. Se capita fa un concerto con i suoi Gentlemen Barbers, ma per un altro “Gladiatore” è fuori gioco. Negli anni ha messo su pancia invece dei muscoli. “Spero non abbia qualcosa da ridire”, mette le mani avanti Ridley Scott nelle interviste di lancio del “Gladiatore II” (uscirà nei cinema il 14 novembre): Decimo Massimo Meridio muore alla fine del primo film, e sono passati oltre vent’anni.



La morte dell’eroe, e dell’arcinemico imperatore Commodo – Joaquin Phoenix, biancovestito e biancotruccato, pareva già la sua statua di gesso – hanno creato qualche problema a Ridley Scott. Il regista era deciso a girare personalmente “Il Gladiatore II” dopo essersi lasciato sfuggire sia “Alien” (che di seguiti e reboot ne vanta parecchi, il recente “Alien: Romulus” si colloca tra “Alien” del 1979, e “Alien: Scontro finale” del 1986), sia “Blade Runner 2049” finito nelle abili mani di Denis Villeneuve.


Non che non siano stati fatti tentativi per risuscitarlo. Ridley Scott era stato in Islanda, il grigio gli aveva ricordato il Purgatorio e lo Stige, il fiume dell’Oltretomba. Massimo Decimo Meridio sarebbe potuto risuscitare. La trama non suscitò grandi entusiasmi. Qualcuno in più nella versione che si sarebbe dovuta intitolare “Gladiator II: The Christ Killer”. Gli dèi ripescano dall’Ade Massimo Decimo Meridio – ricordando il macello che seguiva il comando “Al mio segnale scatenate l’Inferno”, peraltro non più riutilizzabile per la vicinanza degli aldilà – e lo mandano in terra per ammazzare Cristo e i suoi seguaci. Un bagno di sangue, ma nessuno era davvero convinto della trama.


Un altro tentativo, fatto nel 2018, azzeccò la trama (per poi essere rallentato dalla pandemia). Passare alla generazione successiva, non era neanche tanto difficile. Lucilla – l’attrice Connie Nielsen che torna nel secondo film – aveva un figlio di nome Lucius, mandato in Numidia per stare un po’ defilato dal cuore dell’impero e dagli intrighi della capitale. Torna a Roma prigioniero: la flotta comandata da Marco Acacio (Pedro Pascal) vorrebbe morti tutti i romani, certo non è impresa che si può fare in un giorno. Le parti sono ribaltate: l’erede di Lucilla e di Marco Aurelio ora combatte al Colosseo, non sta sugli spalti a farsi omaggiare e a decidere della vita dei combattenti.



Lucius è l’attore irlandese Paul Mescal. Scoperto da Ridley Scott che a 86 anni è ancora affezionato alla sua favola della buonanotte: quando cercava l’attore giusto si era imbattuto nella serie “Normal People”, tratta dal romanzo di Sally Rooney. Non si può dire, come di certi registi italiani, che se ne stia chiuso nel suo mondo senza interesse per il cinema altrui. Si sono parlati in gaelico per una mezz’oretta, quasi sempre di football, e Paul Mescal ha cominciato l’allenamento in palestra. Non voleva gonfiare i muscoli come gli attori di “300” – siamo a Roma, non a Sparta – ma per combattere al Colosseo un po’ di forza fisica serve. Pesi in palestra, pollo nel piatto. Sei giorni a settimana.


Pedro Pascal (il cast è da scioglilingua) è un attore che ha lasciato il Cile durante la dittatura di Pinochet, per la Danimarca e poi gli Stati Uniti. Era “The Mandalorian” nello spin off di “Star Wars” con lo stesso titolo: il padre adottivo di Baby Yoda. E Commodus il cattivo, dov’è finito? Morto anche lui, in tribuna d’onore ci sono ora i gemelli imperatori, Caracalla e Geta. Un riferimento a Romolo e Remo, sostiene Ridley Scott: “Entrambi un po’ fuori di testa: succede se discendi da antenati cresciuti con il latte di lupa”.

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